Pnei e Sindrome Premestruale

Sintomi tipici della PMS sono il calo di energia, la tensione, l’irritabilità, la depressione, la cefalea, la mastodinia, la lombalgia, il meteorismo, la fame compulsiva e gli edemi delle mani e delle caviglie.

Si stima che la PMS affligga il 30%-40% delle donne in età fertile; nel 10% di esse i sintomi sono di tale gravità da impattare negativamente sulla vita della donna mettendo a rischio gli equilibri lavorativi e famigliari. Nonostante da oltre 60 anni la PMS sia stata definita un’entità clinica rilevante, alcuni medici, incredibilmente, sono dell’avviso che non esista e che quindi non necessiti di trattamento.

La PMS grave con depressione, irritabilità e sbalzi di umore critici viene definita come Disordine Disforico Premestruale (PreMenstrual Dysphoric Disorder, PMDD) e costituisce una categoria diagnostica specifica all’interno del DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders).

Fino alla scoperta dei farmaci che inibiscono selettivamente il reuptake della serotonina (Selective Serotonin Reuptake Inhibitors, SSRIs), la Medicina convenzionale non era in grado di identificare la causa della PMS, né tantomeno di curarla. La donna veniva abbandonata ad una sorta di autoterapia o si indirizzava, autonomamente, alle cosiddette Medicine alternative.

L’eziologia della PMS non è stata ancora completamente compresa ma gli studi endocrinologici hanno chiarito che non si tratta semplicemente di eccessi o di deficit ormonali.

Tra le varie teorie proposte quella che sembra avere più credito fa riferimento all’interazione tra steroidi ovarici e neurotrasmettitori cerebrali. Tra questi, la serotonina sembra essere la più implicata nella patogenesi della PMS e del PMDD.

La ricerca, negli ultimi dieci anni, ha dimostrato l’efficacia dei farmaci serotoninergici nell’alleviare i sintomi psicofisici della PMS e del PMDD.

La diagnosi di PMS si basa sul fatto che i sintomi si manifestano solo in fase luteale, raggiungono il picco in prossimità del ciclo mestruale e rientrano all’inizio o durante il ciclo. La diagnosi di PMDD invece è riservata alle donne che presentano almeno 5 dei seguenti sintomi:

– umore depresso o disforia

– ansia o tensione

– labilità affettiva

– perdita d’interesse nelle attività

– scarsa concentrazione

– mancanza di energia

– fame nervosa

– insonnia o ipersonnia

– sensazione di essere sopraffatte.

All’inizio degli anni ’40 del Novecento il Dr. Morton Biskind osservò una relazione tra PMS e deficit di Vitamina B6. La carenza di vitamina B6, infatti, riduce il metabolismo epatico degli estrogeni. In supporto alla teoria del Dr. Biskind, è noto che l’eccesso di estrogeni produce colestasi, ossia una lieve insufficienza epato-biliare non evidente alla misurazione dagli usuali parametri (GOT, GPT, GGT).

Tra i fattori scatenanti la colestasi, si ricordano

1) eccesso di estrogeni o uso di contraccettivi,

2) gravidanza,

3) litiasi biliare,

4) consumo di alcolici,

5) endotossine,

6) uso di steroidi anabolizzanti,

7) deficit nutrizionali,

8) uso o abuso di farmaci.

L’aumento del rapporto estrogeno/progesterone e l’attività endorfinica cerebrale sono strettamente correlati; all’aumento del rapporto si riduce l’attività endorfinica che produce stabilizzazione dell’umore. Le endorfine aumentano con l’esercizio fisico e diminuiscono con lo stress. La supplementazione con Vitamina B6 ha effetti positivi su tutti i sintomi della PMS e sullo stato depressivo.

Dal punto di vista della microecologia intestinale il Lactobacillus acidophilus e il Bifidobacterium bifidum contribuiscono alla modulazione dell’attività della beta glucuronidasi batterica. L’attività epatica di detossificazione chimica ed ormonale poggia, infatti, sulla coniugazione dei cataboliti tossici con l’acido glucuronico e successiva escrezione attraverso la bile. L’attività esaltata della beta glucuronidasi batterica (caratteristica della disbiosi intestinale) è associata a maggiore rischio di tumori, in particolare di quelli estrogeno-dipendenti.

Un’interessante considerazione riguarda il rapporto tra dieta vegetariana e metabolismo degli estrogeni. Le donne vegetariane, infatti, presentano livelli di estrogeni liberi ematici inferiori del 50% rispetto alle donne onnivore, oltre ad aumentata escrezione di estrogeni con le feci. Tali differenze nutrizionali potrebbero spiegare la minore incidenza di cancro della mammella, di malattie cardiache e di sintomi menopausali nelle donne vegetariane. Una dieta ricca in fibre, inoltre, promuove l’escrezione di estrogeni ed induce una flora batterica favorevole con livelli inferiori di attività glucuronidasica. Per inciso, anche la drastica riduzione di grassi saturi nella dieta riduce i livelli di estrogeni circolanti, così come una dieta a basso tenore di grassi saturi migliora i sintomi premestruali.

L’effetto dello zucchero sulla PMS e sull’umore è deleterio: l’alimento che significativamente peggiora i sintomi della PMS è il cioccolato mentre, generalmente, un maggiore consumo di zucchero si associa a livelli ematici elevati di estrogeni. La caffeina deve essere evitata dalle pazienti PMS, specialmente se sono presenti ansia, depressione, mastodinia o mastopatia fibrocistica. Infatti il consumo di caffeina correla positivamente con ansia, irritabilità, insonnia e depressione. L’eccesso di Cloruro di Sodio produce maggiore ritenzione idrica e/o aumento della pressione arteriosa. Non è tuttavia sufficiente ridurre “semplicemente” il sale ma occorre anche aumentare l’apporto di Potassio, preferibilmente con frutta e verdura ad alto contenuto di questo macroelemento. •

Dal punto di vista terapeutico la somministrazione di progesterone low dose (Guna-Progesteron) in posologia media di 10 gtt x 2 vv/die dal 10° al 25° giorno del mese si rivela sempre di grande utilità. Va inoltre ricordato che la PMS si associa frequentemente ad ipotiroidismo. La terapia sostitutiva con ormoni tiroidei produrrebbe, secondo alcuni studi, una risoluzione pressoché totale della sintomatologia PMS.

Per tale motivo consiglio sempre un’accurata valutazione della funzionalità tiroidea ed una integrazione con Guna-T3 (10 gtt/die) a prescindere dalla presenza o meno di valori alterati della funzione tiroidea. Lo stress, infine, gioca un ruolo significativo nella PMS.

Uno stress estremo, di lunga durata o insolito, produce drastiche modificazioni del pattern dei neurotrasmettitori cerebrali conseguenti al coinvolgimento surrenalico e all’alterata secrezione endorfinica. La relazione tra stati depressivi e PMS è molto documentata. La depressione è un sintomo comune nella PMS, probabilmente correlata a carenza di serotonina e di GABA. L’integrazione giornaliera con Guna-Serotonin (10 gtt/die) rappresenta un ulteriore pilastro fondamentale del trattamento della PMS.

Infine, uno sguardo all’integrazione nutrizionale nelle pazienti affette da PMS. Essa si basa principalmente su Vitamina B6 (come sopra accennato), Magnesio, Calcio, Zinco, Vitamina E ed acidi grassi essenziali. Nello specifico, basse concentrazioni di Magnesio intra-eritrocitario sono di comune riscontro nella PMS, causando instabilità emozionale, bassa soglia del dolore, stati di spasmofilia latente e contratture, soprattutto a carico della muscolatura liscia.

Consiglio la somministrazione di Magnesio pari a 6 mg/kg di peso. In riferimento allo Zinco consiglio 30-45 mg di Zinco picolinato/die, mentre per la Vitamina E un dosaggio sufficiente si aggira intorno alle 400 UI/die. Nella personale esperienza l’integrazione con acidi grassi Omega 3 altamente purificati (EPA-DHA in rapporto 3:1) al dosaggio standard di 2,5- 3 mg/die contribuisce notevolmente alla riduzione dei sintomi della PMS.

Mi auguro di averVi fornito alcuni spunti utili relativamente al trattamento della PMS. Se considerato nell’ottica più ampia dell’identità psicobiologica, l’argomento è solo apparentemente banale. Al contrario è un argomento chiave nella formazione PNEI. Rimango, come sempre, a Vostra disposizione trasmettendoVi un augurio di buona salute e di buona estate! 

Maria Corgna

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